Storytelling Chronicles #3- Dicembre 2024: Vicini a Natale di Silvia Bucchi



Eccomi qui con il racconto di dicembre, anche se ormai siamo a gennaio. 

Nel racconto doveva apparire un regalo, un Grinch (o un personaggio che comunque mostrasse lo stessi interesse per il Natale), Babbo Natale e la Befana. Il tutto senza superare le 2500 parole. 

Vi porto di nuovo in Corea del Sud e questa volta la protagonista è Stella, il personaggio con gli occhi celesti del precedente racconto. Anche il protagonista maschile in qualche modo è legato al racconto precedente. 

Buona Lettura. 

 Titolo: Vicini a Natale.

Autrice: Silvia Bucchi  



 Il ventiquattro dicembre per me ha sempre significato calore familiare. I genitori, gli zii, i cugini, i fratelli seduti davanti a una ricca tavola addobbata, in attesa della mezzanotte. Oggi, invece, sono sola. Sola, con un libro e una coperta sulle gambe, con la poltrona posizionata sotto un minuscolo albero di Natale. In realtà non sono proprio sola, perché come me c’è Mongi, il gatto della mia migliore amica. 

Non dovrei lamentarmi, lo so. Mi sono trasferita a Seoul e ho trovato un lavoro. Sono felice, ma mi manca l’atmosfera natalizia che si respirava in Italia, e soprattutto a casa mia. A Roma. Ho nostalgia della mia famiglia e degli amici con i quali sono cresciuta. 

Drin Drin. Stanno suonando alla porta. Forse qualcuno vorrà condividere con me un po’ di spirito natalizio, sotto il cielo carico di neve di Seoul. 

Attraverso il minuscolo corridoio, mi avvicino alla porta e osservo dallo spioncino. Non sono molto fortunata perché il visitatore è Han Jiwon, il fratello maggiore di Han Soojin, la mia vicina di casa. 

Forse farei meglio a tornare indietro e sedermi di nuovo sul divano. Però potrebbe essere importante. Soojin è la mia migliore amica, qui in Corea del Sud, e se non sono salita sul primo aereo diretto in Italia una settimana dopo il suo arrivo, è solo merito suo. 

Con un sospiro apro la porta. 

«Annyeonghaseyo, Stella-min.» Han Jiwon mi saluta con un rigido inchino, che ricambio. 

«Posso entrare?» Mi domanda. Annuisco e mi sposto da un lato per permettergli di entrare. 

«Non pensavo che ti fossi trasferito a casa di tua sorella.» chiedo mentre lui entra nel salotto. 

Per tutta risposta inizia a starnutire. Mi ero dimenticata che era allergico al pelo del gatto. 

«Ti prego, prendi quel… Etciù. Etciù… Porta Mongi lontano da me.» 

Con delicatezza prendo in braccio l’animale e lo chiudo nella mia stanza da letto. 

«A cosa devo la tua visita? Vuoi che ti offra qualcosa un tè, un caffè, un po’ di soju?»

«Un bicchiere d’acqua, grazie.» Afferra il volume che ho lasciato sulla poltrona e lo osserva, sedendosi al suo posto.  La sua espressione è strana, indecifrabile. 

Mi allontano e raggiungo il minuscolo angolo cottura. Apro una bottiglia d’acqua minerale e la verso in un bicchiere. Poi torno da Han Jiwon e glielo offro. 

«Sono qui per darti questo. Si tratta di un regalo di mia sorella. Non è riuscita a procurarselo prima di partire. Non era ancora pronto.»  Mi consegna una busta. 

 Han Soojin sta temporaneamente svolgendo il ruolo di manager del suo fidanzato, l’idol Kim Josoo. Quindi trascorrerà il Natale con lui sul set di un drama che uscirà in estate. 

Ovviamente la loro è una relazione segreta. 

Apro la busta e resto a bocca aperta. 

Il biglietto per il concerto degli Stellarix e il pass per incontrarli nel backstage. Sono il gruppo di Idol che più amo. Adoro il kpop.

«Questo regalo è meraviglioso. Tra poco scriverò a Soojin per ringraziarla.» Se non ci fosse stato lo sguardo severo di Han Jiwon a fissarmi, mi sarei messa a ballare e a saltellare per la stanza.  

Restiamo in silenzio per un po’. Gli occhi di lui sono fissi sull’albero di Natale. Starà contando il numero di palline che lo adornano? Almeno quello sguardo severo non si posa su di me.

All’improvviso mi viene in mente un argomento di conversazione, giusto per evitare di restare entrambi in silenzio a osservare gli addobbi.

«Cosa farai domani?» Trattengo il respiro. Sono talmente disperata e sola, con Soojin lontana e tutti gli altri amici coreani impegnati con i loro fidanzati, da accontentarmi anche di un uomo rigido che sembrava aver ingoiato una scopa. Anche se, devo ammetterlo, la prima volta che l’avevo visto, quando Soojin me lo ha presentato, l’ho trovato davvero attraente. 

«Appartengo a una famiglia buddista. Noi non festeggiamo. In realtà trovo che il Natale sia solo una grande trovata commerciale per gran parte della popolazione sudcoreana. Per quella parte non cattolica, intendo.» 

Il mio entusiasmo davanti alla prospettiva di un venticinque dicembre in compagnia si smonta come un palloncino a contatto con una spina appuntita. 

«Capisco.» mormoro, con gli occhi bassi, rivolti al pavimento. 

«Voglio dire, da noi il Natale è solo un modo per riempire i centri commerciali di coppiette pronte a spendere montagne di won per regali inutili. Un po’ come lo è Halloween per chi non è nato negli Stati Uniti. Una trovata che serve a vendere caramelle e maschere e a riempire i locali.» prosegue Han Jiwon. 

Restiamo in silenzio per un po’. I nostri occhi sono nuovamente fissi sulle palline del mio microscopico albero. 

Mongi inizia a graffiare la porta della stanza e a miagolare. 

«Devi farlo uscire, prima che ti rovini tutti i mobili. Ora è meglio che vada.»  Han Jiwon si alza e mi omaggia con un inchino. Lo accompagno alla porta e lo osservo attraversare il pianerottolo e rientrare nell’appartamento di sua sorella. Che strano, non gli ho nemmeno chiesto per quale motivo si è trasferito da lei. O meglio, l’ho fatto, ma lui non ha mai risposto. Quando chiudo la porta, mi appoggio al battente. Un senso di tristezza si abbatte su di me. 



Han Jiwon. 


Sono un idiota e un cretino. Perché non le ho detto a Stella che mi sono inventato un problema idraulico nel mio appartamento, solo per potermi trasferire qui e starle vicino? Perché non le ho detto… 

Non appena digito il codice per entrare in casa ed entro nel soggiorno, resto con la bocca spalancata. Un uomo anziano, vestito con una casacca rossa e un paio di pantaloni dello stesso colore, è seduto sulla poltrona del soggiorno. 

Si sta accarezzando la barba bianca e osserva sconsolato l’angolo in cui di solito, quanto è a casa durante le festività, mia sorella colloca il suo abete sintetico tutto addobbato. 

«Chi è lei? Come è entrato? Ora chiamo la polizia.» Cerco di mantenere la voce ferma, ma sto tremando. Temo di conoscere le risposte. 

«In realtà vorrei poterti dire che sono state le renne a trasportarmi fin qui. Sarebbe molto più poetico, ma non si tratta della verità. Ho usato il teletrasporto.» 

Mi avvicino al tavolo del soggiorno e lo afferro. Devo farmi forza. Devo appoggiarmi a qualcosa, altrimenti stramazzerò al suolo. Manager di successo stroncato da infarto a causa del Babbo Natale che si è introdotto illegalmente nell’appartamento di sua sorella. Sarebbe il titolo perfetto per un articolo di punta del The Korea Herald.

Stella mi ha forse servito del soju al posto dell’acqua? Oppure sto dormendo e ho sognato anche la mia figuraccia con la vicina? Babbo Natale è davvero seduto sulla poltrona preferita di mia sorella?

«Mio caro ragazzo, mi dispiace deluderti. Sei sobrio e non stai sognando. Però posso darti un consiglio su come affrontare al meglio la giornata di domani, anche se per te è solo una trovata commerciale, giusto?»

«Quale consiglio?»

«Potresti tirare fuori dal cassetto della scrivania di tua sorella, il regalo che hai comprato per Stella. Attraversare il pianerottolo e consegnarglielo. Poi dovresti invitarla a passare la giornata di domani al centro commerciale. Oppure condurla sulla Namsan Tower. Credo che sarebbe un buon modo per trascorrere una ricorrenza così all’insegna del consumismo. Del resto, te ne sei innamorato a prima vista, no? Vuoi renderla felice e dubito che lei lo sia, in questo momento. Si ritrova sola, in una terra straniera, a trascorrere il Natale senza le persone a lei più care.» 

 Annuisco, mentre Babbo Natale si alzava dalla poltrona. Non riesco a pronunciare una sola parola.

«Ora ti saluto, ragazzo. Ho fatto quello che potevo per te. Ora tocca a te. Poi schiocca le dita e scompare in un secondo.» 

« Gamsahamnida.» Mormoro prima di precipitarmi nella stanza di Soojin. Devo prendere il regalo per Stella. 



Stella

Dopo aver salutato Han Jiwon, mi affretto a raggiungere Mongi per liberarlo. 

Entro quindi nella stanza da letto, mentre lui si precipita fuori, attraversa il soggiorno e si rifugia sotto a un mobile. 

«Mongi, tesoro. Che cosa ti è successo?» Chiedo. 

«I gatti non mi amano molto. Non so perché.» Un’anziana donna con un naso aquilino. Mi fissa. Gli occhi sono grandi e profondi. Indossa un vestito verde piuttosto logoro. I lineamenti sono, però, europei. Quest’anziana non è coreana. 

«No, sono romana. Proprio come te.» Si accomoda sulla poltrona accanto al letto. 

Mi legge anche nel pensiero, ora? 

«Chi è lei? Che cosa vuole da me?» La minaccio di chiamare la polizia. 

«Mi riempie il cuore di tristezza il fatto che tu non mi riconosca. Credevi in me. Ricordi l’anno in cui mi hai chiesto la casa di Barbie? Quello è stato un pacco davvero pesante da trasportare. Eppure, io non mi sono lamentata. Nonostante il mal di schiena. Tu, invece, vuoi addirittura chiamare la polizia? Ti meriti una dose extra di carbone. E non sarà un dolce, questa volta, ragazzina.» L’anziana sembra contrariata. Solo in questo momento ricordo. La gioia di lasciare, la sera del cinque gennaio, una finestra aperta per farla entrare in casa, perché non c’era un camino. Non avevo mai creduto in Babbo Natale. Sapevo che i doni di Santa Klaus li acquistava la mamma, però in lei, nella Befana credevo. Per questo, durante le feste, andavo a Piazza Navona.  Sceglievo, passeggiando tra le bancarelle, i regali da chiederle nella mia letterina. Lei non mi ha mai tradito. 

«Sì, mia cara. Puoi ben dirlo. Non ti ho mai tradito.» 

Continua a leggermi nel pensiero. 

«Non lo hai fatto fino al giorno in cui non ho scoperto i regali che avresti dovuto portarmi. Solo che è accaduto l’otto dicembre ed erano nascosti nell’armadio di mamma.» 

«Sottigliezze, ragazzina. Ora sono qui per darti un consiglio.»

Resto in silenzio. Forse ho bevuto del soju invece del tè e sto sognando. Magari anche la visita del fratello della mia migliore amica è stata un sogno. 

«Ma quale sogno. Quel ragazzo è stato qui per davvero e tu sei stata molto maleducato.» 

Resto in silenzio. Mentre lei è, ora, in piedi davanti a me. 

«In ogni caso, avresti potuto invitarlo a uscire con te domani. Almeno non passeresti il Natale da sola con Monchi. Fattelo dire, cara. Il gatto della tua amica non brilla molto per il coraggio. Ora corri, sbrigati. Bussa alla sua porta.» 

Poi si avvicina alla finestra, la apre e spicca in volo. 

Io esco di corsa dalla stanza, attraverso il soggiorno e raggiungo la porta, la spalanco e…

 Han Jiwon è proprio davanti a me. Con un pacchetto tra le mani. 

Si inchina e noto che la voce gli trema.

Annyeonghaseyo, Stella. Mi sono dimenticato di darti questo. Jeulgeoun Seongtanjeol Bonaeseyo. Ora la sua voce è un sussurro mentre mi porge il pacchetto.

Lo ringrazio mentre scarto il pacchetto, noto che non è solo la voce di Jiwon a tremare, ma anche le mie dita. 

Quando sollevo la scatolina resto a bocca aperta. 

Grazie. Uso un termine italiano e nemmeno me ne rendo conto. 

Mi ha regalato una collana d’argento con un ciondolo in smalto rosa. Un ciondolo che rappresenta un Mugunghwa, il fiore nazionale della Corea del Sud. 

Mi ricorda il nostro primo incontro, Stella. Ne avevi vista una simile in vetrina. E mia sorella mi ha detto che non ne hai mai acquistata una. Quindi ho pensato… 

Era vero. Ho visto quella catenina durante una passeggiata con  Soojin che ci aveva presentati. La prima volta che avevo visto Jiwon avevo pensato che fosse uno dei coreani più sexy della Corea del Sud, uno capace di farti battere forte il cuore. Però, mi subito dopo l’ho trovato troppo rigido e giudicante. Forse, però mi sbagliavo. 

Restiamo per un po’ così, fermi davanti alla porta. In silenzio. Con il miagolio di Mongi che proviene dal mio salotto. 

A parlare per primo è Jiwon. 

«Domani potremmo passare la giornata insieme. Potrei portarti al centro commerciale. E poi alla torre di Seoul. Come la protagonista di uno dei kdrama che ti piacciono tanto.» I suoi occhi brillano. Sembra emozionato, mentre afferra la catenina tra le mie mani e me la lega al collo. 

«Ne sarei onorata, Han Jiwon. Però, prima, vorrei invitarti a cena a casa mia. Una Vigilia di Natale lontana dalla mia famiglia è deprimente e non potrei sopravvivere senza una maratona di Crash landing on you e… te.» Sorrido e sento la mia pelle bruciare. 

«Allora dovrei venire subito, perché non credo che riusciremo a vedere ben sedici episodi entro la mezzanotte. Sono pronto a combattere il pelo di Mongi a suon di spray nasale e antistaminico.» Ricambia il sorriso e varca la soglia. 

E fa meno male trovarsi a 8.900 chilometri lontana da casa, ora ho Han Jiwon al mio fianco. 




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